PRIMA L'EPO, POI LAPO, ORA L'APE
(striscione esibito dai tifosi viola juventini durante la partita Juventus-Fiorentina del 17 ottobre 2009 per sbeffeggiare gli avversari dopo l'ennesimo presunto caso di doping)
Più che un caso di doping, è un grande pasticcio. Finito bene.
Fabio Cannavaro, il capitano della nazionale, viene trovato positivo il 30 agosto, dopo Roma-Juventus, seconda giornata di campionato. Non tutto però è come sembra. La positività, stavolta, ha una spiegazione: una puntura d'ape, rimediata nel verde di Vinovo, due giorni prima della partita incriminata.
La storia è da film del terrore. Temendo uno shock anafilattico, il difensore si rivolge a Bartolomeo Goitre, per dieci anni vice di Riccardo Agricola e da questa stagione promosso responsabile dello staff medico della Juventus. Il cortisone, usato per la cura, è una sostanza vietata.
Cannavaro, nel rispetto della normativa antidoping, nella stessa giornata invia al Ceft, il Comitato per l'esenzione ai fini terapeutici, la richiesta di esenzione. Tutto secondo prassi. Come il controllo e la positività riscontrata all'Olimpico. Ma a questo punto cominciano i guai, i malintesi e le gravi leggerezze della Juventus. Il Ceft chiede alla società bianconera, attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno, un'integrazione della documentazione già inviata. Per chiudere la vicenda ha bisogno del certificato di ricovero al pronto soccorso (ma Cannavaro non è andato in ospedale), oppure di un certificato del medico curante. Ma da Torino, al di là della richiesta di esenzione, non arriva nessun documento.
Il caso passa nelle mani della Procura antidoping che in poco tempo scopre che non solo la raccomandata inviata alla Juventus è arrivata a destinazione, ma è stata anche ritirata. Ettore Torri, il capo della Procura, potrebbe anche decidere di sospendere in via cautelare Cannavaro. Ma qualcosa non quadra. E allora preferisce approfondire.
Così viene fuori l'inghippo. Qualcuno ha effettivamente ritirato la raccomandata incriminata, che però resta per giorni nella sede bianconera senza che nè Cannavaro nè il dottor Goitre ne vengano in possesso. Un errore imperdonabile.
Per Cannavaro la questione è chiusa. Per la Procura va avanti. Il difensore è convinto di aver rispettato le regole tanto che, dopo la partita con la Roma, si presenta al raduno della nazionale prima di Georgia-Italia e informa della vicenda il professor Enrico Castellacci, il medico della nazionale che parla direttamente con lo staff sanitario bianconero. Quando la notizia trapela, Torri decide di accelerare per andare in fondo alla questione. Cannavaro, reduce da un infortunio, quasi non crede ai suoi occhi quando viene informato che rischia non solo una sospensione, ma anche la squalifica.
Giovedì sera a Torino, nella sede della Juve, l'incontro tra Torri, Cannavaro e il dottor Goitre. La Juve, nel frattempo, diffonde una nota: "In merito alla notizia relativa all’apertura di un'inchiesta della Procura antidoping su Cannavaro, il settore medico della società precisa di aver agito nel rispetto delle prescrizioni sanitarie e delle regole deontologiche intervenendo in via d'urgenza in seguito all'aggravarsi del quadro clinico conseguente ad una puntura d'insetto".
La terapia farmacologia viene definita, dagli stessi medici, indispensabile. Parole che il dottor Goitre ribadisce a Torri. Anche Cannavaro chiarisce la sua posizione. La Juve, per rafforzare la propria posizione, presenta anche i trafiletti di due quotidiani sportivi, La Gazzetta dello Sport e Tuttosport, che riportavano la notizia dell'incidente del difensore con l'ape molesta. La questione si chiude quando i dirigenti bianconeri mostrano a Torri la busta del Cetf ancora sigillata.
Oggi Torri chiederà al Tna (Tribunale nazionale antidoping) l'archiviazione del caso Cannavaro. Ma potrebbe, anzi è probabile che lo faccia, lasciare aperta la posizione della Juve e del dottor Goitre. Troppo grave la leggerezza dei bianconeri che hanno rischiato, nella migliore delle ipotesi, di offuscare l’immagine del capitano azzurro.